sabato 28 luglio 2012

Sulla Motivazione


CAPITOLO 4: Sulla Motivazione


Negli ultimi anni l’offerta di Arti Marziali sul mercato è aumentata notevolmente, quando ho iniziato la pratica del Judo nel 1976, le uniche possibilità erano Judo e Karate, l’idea era “il judo è per la difesa e il karate per l’attacco”.. e questa sciocchezza la si sente ancora oggi da parte dei profani...

Ma al giorno d’oggi l’offerta è veramente vasta, Kung Fu, Tai Chi Chuan, stili indonesiani e filippini quali l’Arnis e il Krabi Krabong, la Muhay Thai e la Kick/Fit Boxe, il Krav Maga e i millemila sistemi di Difesa Personale, Jujitsu in varie salse, Karatè di quattro stili differenti, Il Kendo e l’Aikido, il Kenjutsu e la Scherma Storica Rinascimentale e chi più ne ha, più ne metta.
In mezzo a tutta questa offerta, un neofita ha una vastissima scelta perfino in  paesi e cittadine più piccole…quindi la domanda che mi viene posta oggi è piuttosto semplice:

Perché una persona dovrebbe scegliere un corso di Jujutsu tradizionale, invece di scegliere un corso di Difesa Personale/Krav Maga o un corso di Jujutsu moderno (magari appreso direttamente dal suo occidentalissimo Soke/inventore) o una  delle miriade d’altre attività marziali presenti sul mercato?

La domanda non ha, in realtà, una risposta univoca…
Ogni allievo deve trovare una propria motivazione per venire al Dojo sera dopo sera, magari sfidando la neve ed il maltempo, la partita della nazionale o la moglie che fa il muso…
Di tutti coloro che si iscrivono, solo una parte riuscirà a trovare dentro di sé quella molla che li spingerà a continuare nonostante tutto…e questi, nel tempo, non si chiederanno più “Perché”, si chiederanno “come facevo senza?”.
In fondo la grande offerta sul mercato ci rende tutti più ricchi, non dovrebbero esserci più (si spera) persone che si iscrivono perché “hanno trovato solo quello” o che fanno Jujutsu “tanto per”, bensì persone che avranno cercato e trovato quel qualcosa che le ha fatte restare,

Personalmente invito sempre gli allievi a provare anche altre palestre/dojo/arti…se ritorneranno da me, è perché hanno trovato qualcosa di valido, se non tornano, probabilmente stavano cercando qualcosa di diverso da ciò che io do loro.


Giusto per chiosare, Io ho iniziato spinto dalla curiosità e da due amici che mi hanno convinto a provare.
 Arrivato al dojo, ho trovato un ambiente amichevole e piacevole, in cui si praticava un Jujutsu moderno e divertente (WJJF, all’inizio), che sembrava essere efficace per la difesa personale. Man mano che il tempo passava scoprivo che quello che facevo mi divertiva,  mi insegnava a conoscere meglio il mio corpo, mi manteneva in forma. 

Il gruppo era affiatato e divertente, e le cose andavano bene… Finchè, arrivato ad un certo punto del mio percorso marziale, mi sono accorto che mi mancava qualcosa… Che ciò che praticavo non era sufficiente, o forse era semplicemente troppo. In quel periodo, infatti, al Dojo si praticavano mescolati cinque stili diversi di jujutsu, moderni ed antichi…A quel punto la mia passione era cresciuta a tal punto, da spingermi a cercare un Maestro che mi insegnasse qualcosa di più delle semplici “tecniche”, e che mi insegnasse ciò che percepivo esserci nella profondità di questa arte secolare…

Ho iniziato a fare Kilometri per cercare il Maestro giusto…Ho praticato in diversi Dojo, scuole e stili differenti, è stato un periodo complicato, e pieno di delusioni e false speranze..Finchè, come succede sempre nella vita, non sono stato pronto per trovare il mio vero Maestro, la persona che ha aperto il suo Dojo per insegnarmi veramente…lì ho trovato ciò che cercavo.. e non mi sono mai pentito della scelta, né dei kilometri percorsi per andare a trovarlo, né dei problemi che una fedeltà come quella richiesta (e offerta liberamente) da una scuola così può comportare.

Quindi, dopo questa lunga premessa, cosa dovrebbe spingere un neofita a scegliere un corso di Jujutsu tradizionale invece di uno di Jujutsu Moderno o di Difesa Personale?

Bè.. ci sono molte ragioni:

-          E’ divertente
-        Fa stare meglio con il proprio corpo
-        Non è solo attività fisica, è anche attività mentale
-         E’ soffuso di Storia e di Cultura,  che hanno importanza pari alle Tecniche insegnate-
-         Sarà utile, a lungo andare, anche per la Difesa personale…non perché insegni tecniche particolari, ma perché insegna l’Atteggiamento necessario.
-          Insegna le cose con un sistema Collaudato da centinaia di anni..
-          Insegna l’uso di alcune armi tradizionali
-          Insegna l’equilibrio, sia quello fisico che quello psichico.

Ma, soprattutto, ogni allievo troverà all’interno del corso le proprie motivazioni…che saranno comunque mille volte più forti di qualunque motivo possiamo trovare noi.

Tutto ciò che possiamo fare, in tutta onestà, è cercare di insegnare ciò che sappiamo con passione e coerenza, senza cercare di seguire la “moda” o cercare di dare tutto a tutti.



Quando qualcuno entra nel Dojo per chiedere informazioni, cerchiamo di essere onesti e di spiegare esattamente ciò che facciamo e, soprattutto, ciò che NON facciamo (Mi spiace, per imparare a combattere come in Kill Bill si può rivolgere al Dojo Accanto), niente effetti speciali né fuochi d’artificio…Solo duro lavoro, sudore e pratica Sincera…
In questo modo avremo forse poche persone all’interno del Dojo, ma avremo persone che sanno ciò che stanno facendo e che potranno sempre dire di aver trovato onestà.
Concludo, citando un  grandissimo personaggio rimasto sconosciuto:


“Metti in dubbio ciò che ti viene detto, anche se è il tuo maestro. Poniti domande e non ascoltare solo la sua voce, ma al contempo fidati di lui. Compi il tuo percorso e se alla fine ciò che scopri e ciò che lui ti dice sono la stessa cosa, avrai trovato un uomo onesto. Se non lo sono, sappi che comunque il tuo maestro è un uomo è che può aver sbagliato e sta a te capire”

mercoledì 25 luglio 2012

KATA ED ICONE

KATA E ICONE

La settimana scorsa ho portato una mia cara amica in visita presso un antico monastero locale...

Durante la visita, arricchita da un inaspettato "concerto di prova" dell'enorme organo a canne della Basilica, siamo incappati nel refettorio, in cui una signora di mezz'età stava dipingendo un Icona...
Ci siamo avvicinati incuriositi, ed abbiamo iniziato a chiaccherare della cosa...

All'interno del refettorio, una volta la settimana, si tiene un corso di pittura di Icone...
Viene scelta una famosa Icona (nel caso in oggetto una "fuga in Egitto" di Giuseppe e Maria con il bambin Gesù) e l'insegnante segue gli alunni nella composizione, pittura e quant'altro.

La gentile signora, ci ha spiegato che la pittura delle Icone è affare piuttosto complicato, in quanto nulla viene inventato, ogni singolo particolare deve essere riprodotto esattamente ed ha un significato ben preciso... La posizione delle figure, i colori con cui vengono dipinte (il nero rappresenta il MAle, il marrone l'umiltà, la porpora la santità... eccetera), le luci... Tutto concorre a comporre un quadro che ha una miriade di significati reconditi e seminascosti che, purtuttavia, vengono "percepiti" anche se non "Capiti" anche dall'osservatore profano.


La pittura di un Icona, è quindi un esercizio di umiltà (poichè non posso cambiare praticamente nulla di ciò che sto dipingendo), ed allo stesso tempo di Creatività (poichè sono io a dipingere e quindi la mia mano è differente da quella di un altro)...
Allo stesso tempo,riprodurre  in maniera così pedissequa un'icona , mi permette di "leggerla" nella sua interezza, di comprenderne completamente il senso, lo sviluppo, la forma e diventa, quindi, un modo di studiare Veramente il significato e il messaggio...

Mentre ascoltavamo le parle della pittrice, io e la mia amica ci guardavamo con un sorriso... poichè ella stava ripetendo esattamente gli stessi concetti da me espressi nelle pagine precedenti di questo Blog a proposito dello studio dei Kata nelle scuole tradizionali...
Se sostituiamo la parola "Kata" ad "Icona" troveremo una perfetta simmetria di intenti e di significati...
Le parole della signora erano, naturalmente, filtrate dalla Fede Cristiana, che ne permeava la pratica e la passione... Ma, stranamente, le sue parole ci sembravano Veramente familiari...

Eppure, stranamente, avevamo già trovato che questi concetti possono essere applicati a molti altri campi artistisci...
Nella poesia Haiku, per esempio, vigono regole molto precise che molti poeti occidentali trovano irritanti e limitanti...
17 sillabe, divise in tre versi di 5, 7, 5 sillabe
un Kigo (riferimento alla stagione)
una cesura (un verso "di stacco" fra i primi due ed il terzo verso)

Sono regole molto rigide.. ma al loro interno donano una libertà creativa incredibile...come un Kata



Anche in altre arti tradizionali, ad esempio il Sumi-E, il Chanoyu, l'Ikebana,  le regole di composizione sono  rigide, ed anche in questi casi, servono solamente a donare la possibilità di sviluppare la propria creatività verso l'alto, come fossero le pareti di un Vulcano, che premono la lava ed i lapilli ad altezze che, altrimenti, non sarebbero possibili.
Proprio come un kata.




lunedì 16 luglio 2012

Sull'insegnamento


CAPITOLO 3: SULL’INSEGNAMENTO DI UNA SCUOLA TRADIZIONALE

Chi è stato in giappone a studiare (non è il mio caso), racconta di lunghe sessioni in cui gli allievi provano per ore una sola tecnica…Raccontano la ricerca pedissequa della Perfezione del gesto…lo fanno, per la maggior parte, con lo sguardo di chi la sa lunga e ti spiega quanto tu sia fortunato… Alcuni lo raccontano con lo sguardo che trasmette ammirazione, ben coscienti che un Dojo come quello, avrebbe vita breve in Occidente.

Perché, sia chiaro, noi non siamo Giapponesi, non siamo abituati a praticare per ore senza chiedere, ascoltando solo i comandi del Dojocho…

La capacità tutta giapponese di accettare gli ordini senza discutere ci è estranea, abbiamo sempre bisogno di sapere, di conoscere, di farci spiegare.

I giapponesi si accontentano (in linea generale, e forse non è più così neanche da loro) di praticare ciò che gli viene detto…perché (e questo, veramente, è ciò che non comprendiamo) hanno TOTALE fiducia nell’autorità.. si affidano totalmente al discernimento di chi sta loro sopra…Se l’insegnante dice di fare un milione di volte lo stesso movimento, è perché c’è uno scopo che l’allievo non vede… quindi lo fa perché ha fiducia che il suo insegnante lo porti dove devo andare.

Questa fiducia incrollabile nasce da una cultura notevolmente differente dalla nostra, una cultura che affonda le sue radici nel passato di questo paese in cui la lingua stessa non distingue fra Plurale e singolare (sia nei sostantivi che nei verbi) e che vede il singolo solo come una parte del gruppo di appartenenza.

Nella cultura antica giapponese, infatti, si era PRIMA membro di una famiglia, e POI se stessi, questa fusione del singolo nel gruppo famigliare ha fatto si che l’autorità del capofamiglia venga accettata completamente, poiché l’unità ed il rispetto dell’autorità, sono necessari alla sopravvivenza.

Questa mentalità è talmente radicata nella cultura giapponese che, per estensione, essa si è evoluta in tutti gli aspetti della vita del Paese, dalla nascita della gerarchia Imperiale (in cui l’Imperatore è tale solo per Diritto Divino), Alle strutture sociali nelle Zaibatsu (Grandi aziende multinazionali), al Dojo stesso.

A questa componente culturale, si è aggiunta nei secoli la Cultura Neoconfuciana del periodo Edo, che aggiunge a questo concetto già molto presente, il concetto di “Naturalezza”, cioè indicando che questa forma di “sottomissione all’autorità” sia nell’ordine naturale delle cose, e che facendo il proprio compito al meglio delle proprie possibilità si contribuisca a mantenere l’Ordine universale.

Per contraltare, il Superiore sente in pieno il peso della responsabilità e del comando…nel caso dell’Insegnante di Budo, egli cercherà di fare del proprio meglio perché l’allievo apprenda veramente ciò che gli sta insegnando.

Se questo comporta un milione di ripetizioni, allora un milione siano.
Se l’allievo non accetta il milione di ripetizioni, allora non ha piena fiducia nel suo insegnante, al che è invitato ad andarsene…
Non esiste (o almeno non esisteva) altra considerazione che questa… Non esistono logiche “commerciali”, perché sono comunque subordinate a questo rapporto allievo-maestro.. a questo mutuo rispetto dei ruoli ed al mutuo affidamento l’uno all’altro.
Se dopo un milione di ripetizioni l’allievo ha appreso il principio, allora si può proseguire con un nuovo principio, con una fase più avanzata.. altrimenti.. un altro milione di ripetizioni…

In più, ed è piuttosto importante e difficile da comprendere per noi “gaijin”,  l’insegnante si aspetta che l’allievo apprenda le cose con poche spiegazioni, osservando attentamente il proprio Sensei e cercando di capire il movimento, il principio, senza chiederlo, ma provandolo. Ed è qui che il “milione di ripetizioni” ha la sua forza… se l’allievo avrà praticato con costanza le basi, ciò gli darà gli strumenti per comprendere quello che gli insegnante gli farà vedere di più avanzato… proprio perché, come affermato nel primo capitolo, tutto nasce e si evolve dalle basi stesse.

Non esisteva, non dovrebbe esistere tutt’ora, la contestazione…. Se non va bene ciò che l’insegnante insegna, l’unica alternativa è cambiare Dojo.. cambiare Via…

Questa mentalità, così estranea alla nostra, è stata vista negli anni dagli occidentali  come un “non voler insegnare” o un voler “insegnare il minimo indispensabile”, proprio perché non la si è compresa a causa della mancanza del Background culturale di cui sopra.

Il problema, al giorno d’oggi, è che sia gli insegnanti che gli allievi sono occidentali, e quindi entrambi mancanti degli strumenti culturali che hanno generato questo tipo di sistema di insegnamento delle Arti Tradizionali.

Un allievo occidentale si aspetta dall’insegnante che gli spieghi tutto, ogni particolare, che non gli tenga “nascosto” nulla….Non ripone fiducia nell’insegnante, perché l’insegnante è visto alla stregua di un maestro di balli latinoamericani,  “Ti pago perché mi devi insegnare”…Se un insegnante non spiega tutto, e subito, allora “non è un buon insegnante”, oppure “si tiene il meglio per se” o, peggio, “ si fa pagare per ogni cosa che insegna”.. il problema è che, spesso, queste cose succedono realmente…ed esistono insegnanti così…

Se partiamo però dal presupposto di aver trovato un insegnante onesto e disinteressato, il problema si ripropone sull’altro lato della medaglia…

L’insegnante stesso, per paura che gli allievi se ne vadano, di non riuscire a pagare la retta della palestra, eccetera eccetera, tenderà a mettere di fronte al bene dell’allievo (cioè all’apprendimento), altre priorità.. cercherà quindi di compiacere gli allievi in quello che lui ritiene essi stiano cercando, dicendogli di insegnare “difesa personale”, “l’antica arte di difesa dei samurai”, o altre formule accattivanti…Adattando l’arte stessa alle necessità del momento…

Altre volte l’insegnante stesso non ha il tempo, la passione o la forza di volontà per studiare egli stesso approfonditamente la scuola che insegna, inizierà a mescolare pratiche che ha visto/provato in altre scuole, in altre Arti, incorrendo nell’errore che ho descritto nel Capitolo 2, nel vano tentativo di compiacere i suoi allievi…

Un ulteriore errore viene fatto in buona fede da quegli insegnanti che cercano di spiegare TUTTO, ogni singolo particolare, ogni singolo principio ai propri allievi…Sia per cercare di non apparire come gli insegnanti di cui sopra, sia per la passione che hanno nell’insegnare ciò che loro stessi hanno appreso.
Pur con la scusante della buona volontà, questo è un errore tanto grave quanto i precedenti… perché, come spiegato nel primo capitolo di queste mie elucubrazioni, gli allievi non saranno in grado di apprezzare ed imparare i particolari avanzati fino a che non avranno acquisito le basi…anzi, cercando  di inserire nella loro pratica troppi particolari, “guarderanno l’albero perdendo di vista la foresta”, e faranno ancora più confusione…

Così, dagli errori dell’insegnante, emergono due fallimenti:

Il primo, nei confronti dell’allievo, che dovrebbe ricevere esattamente ciò che la Scuola si è prefissata ( e non, sia chiaro ciò che Lui pensa la scuola debba insegnargli).  L’Insegnante dovrebbe avere l’onestà intellettuale e la capacità di insegnare esattamente ciò che è giusto, al momento giusto.

Il secondo , ed è molto peggio, un fallimento nei confronti della scuola stessa di cui l’insegnante non è il Padrone, ma solo una persona incaricata di trasmetterla al meglio delle proprie possibilità.
Nessuno si aspetta che un insegnante (magari appena incaricato), possa insegnare ai propri allievi TUTTA la scuola, fino all’ultimo particolare e da subito. La Scuola si aspetta solo che egli insegni ciò che meglio conosce al meglio delle proprie possibilità, senza nulla aggiungere, senza nulla sottrarre. Perché, come afferma in un suo scritto il M° Luigi Carniel, gli insegnanti sono “i guardiani del tempio”, intendendo che hanno la missione di difendere la scuola dalle ingiurie del tempo e di trasmetterla “as it is”, ma non hanno la facoltà né il diritto di cambiarla, modificarla, stravolgerla.

Ma allora?

Allora, per dirla alla Latina “in media stat virtus”.

L’insegnante, il Sensei, dovrebbe essere cosciente di essere tale… di essere cioè persona solo un po’ più avanti dei propri allievi… Cosciente che ciò che insegna può anche essere solo una parte del tutto, e pertanto, magari, anche fallace o incompleta. Deve essere onesto con se stesso e con gli allievi.. cercando di far capire loro che il sistema con cui la scuola viene insegnata è quello tradizionale e spiegando loro cosa questo comporti, pregi e difetti. Essi potranno dire, uscendo dal dojo, di essersi divertiti od annoiati, potranno dire che ciò che hanno provato gli è piaciuto o meno, ma sicuramente non diranno di essere stati imbrogliati.

Naturalmente, essendo un occidentale, cercherà di spiegare al meglio ciò che insegna , ma cercando di non esagerare nei dettagli, inserendoli man mano che gli allievi hanno raggiunto la maturità necessaria… Allo stesso tempo, non potrà comportarsi completamente “alla giapponese” perché, onestamente, non lo è lui né i suoi allievi.

L’allievo, a sua volta, dovrebbe cercare di fidarsi del proprio insegnante.. Le domande sono bene accette finchè rimangono nei limiti.. ma dovrebbe comprendere che la ripetizione (e la noia, magari) fa parte dell’apprendimento e che ci sono regole all’interno del Dojo che vanno rispettate anche se non piacciono. 
Che le spiegazioni dell’insegnante non vanno prese come atto dovuto, e quindi non si possono pretendere,  ma sono un modo dell’insegnante per venire incontro alle esigenze di allievi di una cultura differente da quella che ha originato la Scuola.

 A volte l’allievo dovrebbe fidarsi di un “fallo così perché va fatto in questo modo” , ed a volte l’insegnante dovrebbe avere l’umiltà di dire “lo faccio così perché così mi è stato insegnato, anche se ANCORA non ne comprendo il motivo”.
In definitiva:

Il dojo è un luogo in cui TUTTI cercano la Via, allievi ed insegnanti in egual misura,  quindi un’atmosfera rilassata e cordiale è la benvenuta… ma allo stesso modo bisogna chiarire che non è una democrazia, c’è un DojoCho, un responsabile, e le cose si fanno in un certo modo perché egli ritiene che sia il modo migliore di farlo.

Potrà succedere che le circostanze dimostrino il contrario, ma ciò non cambia una virgola ciò che il Sensei ha insegnato.. se è andato bene per lui fino a quel punto, dovrà andare bene per i suoi allievi.

E se l’insegnante ha sbagliato, è compito degli allievi comprendere che questo può succedere perché anche “colui che è prima sulla strada” può imboccare una strada sbagliata, ed è lì per evitare che loro facciano gli stessi errori.

Conoscere non è capire


CAPITOLO 2:  CONOSCERE NON E’ CAPIRE
Alla luce di quanto sopra esposto, è chiaro che per poter comprendere a fondo una scuola Tradizionale così strutturata sia necessario lo studio “ a tempo pieno” di una sola di esse (o almeno, di quelle che insistono sulla stessa branca di conoscenza)…
Quando si sta studiando una sola scuola, si percepirà (senza vederla veramente) la trama di cui ho parlato nel primo capitolo… se ne percepirà soltanto la presenza “sotto” le tecniche,  fintanto che il nostro palato non sarà abbastanza raffinato da permetterci di discernerla…La trama entrerà a far parte della nostra pratica quasi per osmosi, senza che ce ne accorgiamo realmente… passando attraverso lo studio dei Kihon e dei Kata…

Ci accorgeremo di averla intuita quando essa sarà ormai parte di noi…
E’ chiaro, pertanto, che lo studio di molte discipline o scuole  differenti contemporaneamente (almeno  in questa fase), ostacola l’apprendimento di questa parte importantissima e vitale della scuola…
Se studio i Kata di Yoshin ryu Jujutsu e, per esempio, di Daito Ryu Aikijujutsu, troverò probabilmente tecniche simili, quasi uguali magari, ma le trame sono estremamente differenti… questo manderà in confusione il mio corpo, che non riuscirà ad assorbire la trama giusta.
E da qui, nella mia opinione, nasce uno dei grandi fraintendimenti culturali insiti nello studio di Arti Marziali giapponesi da parte degli occidentali.
La maggior parte degli insegnanti occidentali che hanno fondato la propria scuola di jujitsu (anche di altissimo livello…) hanno semplicemente preso la parte superficiale delle scuole che hanno studiato… hanno visto le tecniche e le hanno copiate… allestendole in un sistema a loro consono ed adatto alla mentalità occidentale del “tutto visibile, tutto e subito”.
Il problema principale di queste scuole è che hanno preso gli alberi, senza tenere conto delle radici…
quindi ciò che hanno creato sono dei colossi dai piedi d’argilla, in cui la “Tecnica” è principe, in cui il Numero stesso di tecniche apprese è indice di qualità…

Questi sistemi/scuole insegneranno ai loro allievi una miriade di tecniche adatte a difendersi da ogni possibile attacco, tecniche mutuate da diverse scuole differenti ed apparentemente legate fra loro, ma che alla fine non hanno nessuna “profondità”.

Naturalmente questo sistema attira gli occidentali molto, molto di più che una scuola tradizionale che, a prima vista, è noiosa ed insegna “sempre le stesse cose”..
In una scuola tradizionale ci si aspetterà di praticare gli stessi Kihon e gli stessi Kata fino alla a fine dei propri giorni… indipendentemente dal grado conseguito o dalla capacità raggiunta..
Visto da fuori, è di una noia mortale….
Ma Visto nell’ottica esposta nel primo capitolo, è stimolante e creativo…e, nella mia opinione, anche molto più efficace..in quanto insegna ad interiorizzare una manciata di principi che sono poi spendibili in tutte le situazioni e contesti.

C’è, inoltre, un grande esercizio di umiltà nell’affidarsi totalmente allo studio di una sola scuola…Nel corso della Vita, probabilmente,  immetterò nello studio della scuola passione, tempo, energia, denaro, affetti.. con la speranza che questa scuola ripaghi i miei sforzi insegnandomi ciò che promette.. sia esso difendermi o essere un uomo migliore.

Alla luce di questa considerazione, da parte mia, sono molto più propenso a dare fiducia ad una scuola che abbia una storia secolare, una scuola Realmente tradizionale..che quindi abbia passato la prova della storia e del tempo.. e trasmetta in modo onesto ed inequivocabile le proprie conoscenze, la propria Trama.

E’ per questo che odio con il profondo del cuore quelle scuole che, pur se nate dalla passione e dalle capacità di un singolo Insegnante, si ammantano di mistero e falsa storia.. Perché fanno leva sulla necessità del singolo appassionato di affidarsi ad una scuola che abbia una Tradizione ed una Storia (per le motivazioni di cui sopra), fornendogli però qualcosa di assolutamente falso e tendenzioso.

Queste scuole, di cui non farò nome, cercano di stratificare da zero una nuova scuola, unendo insieme lo studio di diverse scuole e, financo di diverse Arti, fallendo però nel tentativo…
Ma non è sufficiente cementare assieme rocce diverse per ottenere una roccia sedimentaria…

Naturalmente quanto esposto sopra non esclude l’incontro con altre scuole, anzi!
Conoscere altre realtà, condividere conoscenze e pratiche è utile.. purchè si sia in grado, alla fine, di ritornare all’interno dei paradigmi della scuola che si sta seguendo. La visione di altre visioni (pun intended) renderà possibile scoprire dei punti di vista differenti, che possono aiutare nella pratica della propria Arte.

Per questo la pratica di altre scuole/stili  deve essere, nella mia umile opinione, una pratica che si può fare anche spesso, ma deve essere comunque limitata a lezioni/stage a se stanti, con la piena consapevolezza che la maggior parte di ciò che si è visto, non potrà essere riportato nella pratica del proprio dojo, perché presuppone un background (o Trama) differenti.

Inoltre la limitazione è valida, sempre secondo me, per la pratica di Arti marziali che insisitano sullo stesso campo applicativo… quindi è “deleterio” (se non si ha una competenza molto evoluta) praticare, per esempio, più stili di Jujutsu, o più stili di Kenjutsu… mentre non dovrebbe essere un problema praticare Jujutsu/kenjutsu/Kyujutsu (per esempio) perché presuppongono differenti impostazioni.

Così, per esempio, sarà possibile probabilmente studiare efficacemente stili come il Daito Ryu Aikijujutsu, l’Hakko Ryu Jujutsu e, probabilmente, l’Aikido perché avendo una medesima fonte, avranno una “trama sotterranea” similare o uguale, tale da permettere lo studio profiquo di tutte.

Allo stesso tempo, un Maestro o una persona con sufficiente esperienza, saranno probabilmente in grado di “resettare” il proprio corpo per reimpostare la trama, in modo da permettergli di studiare le varie scuole in modo separato e profiquo.. ma questo è sicuramente un passo molto avanzato della propria Via, che molto spesso viene fatto troppo frettolosamente da praticanti che si sentono molto esperti e che poi incorrono nell’errore grossolano di adattare una scuola alla propria pratica, invece che adattare la propria pratica alla scuola.

Sui Kata e sui segreti


CAPITOLO 1: SUI KATA E SUI SEGRETI

Molto spesso viene chiesto a cosa servano i Kata che vengono insegnati nella nostra scuola…
 “Un Kata è un catalogo di tecniche…”

È la risposta più comune a questa domanda.. quindi la gente si appresta allo studio della Forma, come se imparasse dieci tecniche…Ma Il dubbio che sorge quindi subito dopo alla mente dell’allievo è quindi “ma, a che servono quindi quelle difese da attacchi che nessuno mi farà mai”?.. ed anche in questo caso la prassi ha ormai consolidato delle risposte automatiche quali “sono un retaggio  antico che però ci insegna dei principi utilizzabili sempre perché il corpo umano ha la stessa fisiologia da sempre, abbiamo due braccia, due gambe, una testa”…

Ma le risposte automatiche come queste presuppongono che non si sia mai cercato la vera risposta e, secondo me, non si sia mai compreso appieno la portata di ciò che si sta facendo.
Vorrei perciò scrivere alcune mie considerazioni assolutamente personali su cosa sia studiare un kata.
Innanzitutto deve essere chiaro che il kata deve essere studiato con MUSHOTOKU , cioè senza scopo di lucro… intendendo che deve essere studiato per il gusto di studiarlo…senza avere altro scopo che lo studio stesso…

Inizialmente dovrà essere imparato come una sequenza, in modo da non dover pensare, ad ogni tecnica,  quale sia la risposta corretta…Ogni attacco dovrà corrispondere alla tecnica corretta, senza stare li a pensarci…Come la sequenza di astine fatte dai bambini delle elementari per imparare a scrivere..

A questo punto, dopo che lo avremo fatto una miriade di volte, potremo iniziare a comprendere cosa il Kata ci sta insegnando.. ed è a questo punto che inizia veramente il divertimento…
Capiremo che il kata ci insegna inizialmente il controllo della distanza frontale (ma-ai), ci insegna che posso prendere l’iniziativa anche solo porgendo il braccio da afferrare ad Uke..
Capiremo, altresì, che ogni movimento che facciamo ha un suo perché, un suo scopo…Serve a portarci nella posizione giusta per applicare i tre principi base su cui si basa tutto il jujutsu.. Tenouchi (il movimento delle mani), Kuzushi (rottura dell’equilibrio), Tai Sabaki (spostamento del corpo) e che permettono (anzi, sono necessarie) all’applicazione della tecnica.

Piano piano, il Kata inizierà a parlarci, a spiegare i suoi segreti…Ci insegnerà ad utilizzare la reazione di Uke, a lasciare spiragli volontari in modo che Uke abbia la reazione che noi vogliamo… spiegherà il principio sotto la tecnica…

E’ tutto qui?

No.. tutt’altro…

I kata della nostra scuola sono costruiti  a strati… così che una volta che si è giunti a pensare di conoscere un Kata, si scopre che c’è un lato nascosto (Ura) di ogni tecnica… un modo avanzato di praticare il Kata che insegna altri principi, altre reazioni…
Particolari non “Nascosti” nel senso occidentale del termine, ma particolari che è meglio conoscere solo quando si ha una base solida su cui costruire…particolari che danno ulteriore profondità alla pratica…
Naturalmente stiamo, per il momento, parlando di un singolo kata…magari proprio di quel Kata base che si è provato e riprovato fino alla nausea e fa storcere il naso quando l’insegnante sul tatami dice “Forza, ancora una volta Kihon-No-Kata”..
Tutto questo discorso va applicato naturalmente ad ogni kata della scuola.. Ogni singolo kata è costruito a strati…

Tutto qui?

Non ancora..

Anche i kata stessi sono “strati”… costruiti l’uno sull’altro.. studiati in modo tale che il successivo costruisca le proprie basi su quello precedente…
Abbiamo quindi una stratificazione “orizzontale “ (all’interno del singolo kata) ed una “verticale” (kata su kata)…
Questo approfondisce ulteriormente la complessità dello studio, ma allo stesso tempo la semplifica enormemente….
Perché, alla fine, i principi che vengono applicati sono una manciata.. le tecniche studiate sono sempre le stesse.. solo che vengono declinati in modo differente, in differente contesto ed in modo via via più complesso…

Finalmente possiamo dire che è tutto qui?

Oh.. no naturalmente…
In realtà continuando a studiare, ci accorgeremo che ogni singolo Kata ci insegna (ancora!) dei principi base cosi’ sottili da risultare difficili da comprendere… una base comune, una Trama sotterranea che unisce tutte le tecniche e tutti i principi… A questo punto, non importeranno più le tecniche, non importeranno più i principi.. perché essi saranno così radicati all’interno del nostro Spirito da essere ormai parte di noi…Troveremo pertanto che questa “trama”permea ogni aspetto della scuola..perfino lo studio delle armi che fanno parte del Curriculuma della scuola: Kodachi, Chobo, Hanbo, Tanto…ogni cosa è legata e strutturata nello stesso modo.
Allora, solo allora, si comprende cosa stia cercando di insegnarci la scuola stessa.. cosa stiano cercando di trasmetterci i Soke, generazione dopo generazione, e cosa sia studiare, veramente ed in profondità una scuola tradizionale che risulta ininterrotta da centinaia di anni.

Ed infine, è tutto qui?
No.. sicuramente no…ma lo sapremo solo proseguendo nel cammino.
Perché, in fondo, la scuola stessa non ha lo scopo di formare Guerrieri migliori, ma Uomini migliori.